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robertomatatia

Mese

agosto 2015

Alla ricerca della felicità


Vi sono persone che suscitano in me una grande invidia: sono coloro che hanno un sorriso per tutti e per ogni situazione. Vi ricordate Terzani? Quel famoso giornalista che fece, ad un certo punto e in una certa situazione della sua vita, una scelta di misticismo? Dapprima, mi sembrava una persona un po’ suonata, di certo originale; ma , leggendo i suoi libri, ho colto la sua sincera serenità; il suo vero amore per la vita, per ogni forma di vita.

Certo, non sono insegnamenti facilmente condivisibili nella nostra quotidianità. Tuttavia, fermiamoci un attimo a riflettere: ogni istante della nostra esistenza è mirato alla ricerca dell’altrui consenso. Da bambini dobbiamo compiacere i genitori, eppoi gli insegnanti, in seguito i datori di lavoro, i nostri amici, i nostri partners. Ma, quando è che cerchiamo di piacere a noi stessi? Quando dedichiamo con tranquillità il nostro tempo a conoscere meglio il nostro io, ad amarci?

E dire che basterebbe poco: qualche istante di riflessione, di raccoglimento, di preghiera ( per chi ha il grande dono della fede)

Io ho la fortuna di essere un osservatore, e vi assicuro che tanti sono i segnali di sofferenza, di rabbia , di odio, anche verso se stessi, che si possono cogliere semplicemente guardando la gente. Ho visto adulti picchiare piccoli bambini; insultare consorti; reagire con rabbia alla più banale delle domande. Sapete perchè? Perchè siamo insoddisfatti di noi stessi; guardiamo il prossimo cercando di cogliere le sue mancanze, con lo stesso spirito, con lo stesso disprezzo col quale, talvolta, ci guardiamo allo specchio del bagno, la mattina appena alzati. Questo perchè ognuno di noi vede, non riconoscendole, nelle negatività del prossimo le proprie negatività.

Non cerchiamo di essere sempre amabili; non impegniamoci ad essere sempre forzatamente sorridenti; ma, soprattutto, dimentichiamoci di essere sempre perfetti, perchè nessuno può esserlo.Prendiamo la vita con leggerezza e cerchiamo di osare, con entusiasmo, per dar corpo ai nostri sogni

La solitudine


Non è molto tempo che seguo i social: forse un paio d’anni, forse appena di più; ma questo breve lasso di tempo mi è stato sufficiente per capire e rendermi conto delle potenzialità di questo incredibile e pericoloso sistema di aggregazione.

Io sono nato e cresciuto estraneo al sistema Comunitario: nessuno , quando ero bambino, mi aveva mai concesso la possibilità di frequentare e conoscere altri ebrei; tanto che vivevo come se la mia famiglia  fosse il solo nucleo ebraico dell’universo. Ovvio, non poteva essere così! Crescendo, naturalmente, conobbi diversi miei correligionari, ma, il più delle volte, li frequentai con scarsa convinzione: io stesso, da molti di loro, ero considerato uno strano ebreo, quasi un corpo estraneo.

Quando in età veramente adulta cominciai a pastrocchiare su Facebook, si aprì davanti a me un mondo nuovo : vidi che vi erano altre persone come me, con forti difficoltà identitarie. Agevolato dal lusinghiero successo del mio libro, sono riuscito ad entrare in pace col mio mondo.

Da tempo, perciò, sono come assalito da una fame di ebrei : devo recuperare oltre 50 anni perduti nel limbo di una consapevolezza errata del concetto di essere ebreo!

Purtroppo, non tutti i miei interlocutori manifestano un simile desiderio di conoscenza: per  molti Facebook non è solo un mezzo di aggregazione, ma anche, e soprattutto, un mezzo di “cultura” e ” informazione”, l’unico mezzo dispensatore di verità.

Fermatevi a riflettere : quanti sono coloro che non hanno mai dato per vera e sincera una qualche notizia urlata da FB? Quanti non hanno mai ritenuto un social la loro suprema fonte d’informazione? Poveri noi se, questo potere di “informare” dovesse mai cadere nelle mani sbagliate. Il difficile è capire se e quando Facebook debba essere considerato come uno sterminato circolo privato, o un parco di divertimenti grazie al quale ci diventa facile ammazzare la noia a basso costo, sentendoci dire tutto quello che desideriamo sentirci dire, anche mentendo a noi stessi, senza vergogna!

Nessuno deve sentirsi biasimato per ciò che ho appena scritto : io stesso ho confessato la mia solitudine di ebreo “in cerca ” di altri. Mi sentivo solo, o forse “incompleto”, nonostante abbia una moglie , due figlie e una cagnolina straordinarie. Sono fortunato: sono un uomo amato; ma solitudine, o incompletezza, non significa vivere da soli. “Solitudine è non essere capaci di far compagnia a qualcuno o qualcosa che sta dentro di noi”( Josè Saramago). Quindi, solamente scoprendo noi stessi momento per momento, solamente facendo pace col nostro mondo interiore, lasciando in disparte, ogni tanto, lo smartphone, potremo finalmente dire di non essere più soli

Cogito, ergo sum


Spesso mi ritrovo a riflettere su ciò che sono, su come, sino ad ora ho vissuto. Quel che ne deduco è che ho conosciuto molte volte la sofferenza e il dolore. Ho conosciuto sofferenza fisica , mia ed altrui; ho vissuto per anni a fianco di un dolore devastante ed annichilente.

A volte, mi sono confrontato con chi sapevo condividere sensazioni simili alle mie. La conclusione che ne ho tratto è, forse, la più ovvia e banale: se tutto, nella vita,ha un senso, allora deve esistere un significato anche nella sofferenza ; questa è una componente inestirpabile della vita, senza la quale, quest’ultima, non potrebbe esistere; proprio come il destino, come la morte.

In questa estate di attesa e di programmazione di un mio, anzi nostro, nuovo futuro ( indispensabile per me pensare ad una nuova attività lavorativa), ho incontrato molte persone, amici e non, che ostentavano serenità e soddisfazione per la loro esistenza. E’ naturale che sia così:nessuno vuole scoprirsi manifestando la propria insoddisfazione; tutti vogliono apparire felici ed appagati.

In realtà, non può essere così : senza insoddisfazione non vi può essere progresso, non vi è crescita; non vi può essere desiderio di raggiungere le vette. E’, dunque, questa infelicità che fa nascere in noi un anelito irresistibile a superare noi stessi, a crescere , a credere nelle nostre potenzialità.

Avete presente il Libro di Giobbe? In questo Libro, ci si chiede come reagire quando le circostanze ci appaiono avverse.

Giobbe , un ricco possidente, fu oggetto di una accesa discussione fra Satana e Dio. Satana era convinto che Giobbe avesse fede solo perchè viveva in condizione di agiatezza; qualora il suo benessere fosse venuto a meno, avrebbe perso anche la fede. Venne deciso così un traumatico esperimento: Giobbe venne ridotto in assoluta miseria : distrutto il gregge e il bestiame, privato della casa, il corpo coperto di piaghe.

Egli, tuttavia, con serenità, coniò quella frase che divenne il simbolico sostegno per chiunque, pur nella sofferenza, ha fede nella mano del Signore: “Il Signore ha dato; il Signore ha tolto. Sia benedetto il nome del Signore!”. Alla fine il Signore concesse a Giobbe le sue ricchezze, aumentandole.

Il messaggio ? Lo scopo nascosto della sofferenza è nell’alchimia che tramuta questa in forza e saggezza.

Concludo questo mio “predicozzo” esortando chiunque abbia vissuto l’avventura di leggermi sinora, di fermarsi un momento, prima di spegnere il computer e riprendere la propria attività.

Fermatevi, guardatevi attorno, pensate a ciò che siete e quello che dovreste essere, non arrendetevi ; soltanto un orizzonte lontano può aiutarci a crescere, ad elevarci

Father and son


Sono giorni che mi frulla per la mente il ritornello di “Father and son”, la bellissima canzone di Cat Stevens. Da quando venne trasmessa in una radio privata, non riesco a togliermela dalla mente.

Canta un dialogo fra un figlio , che vorrebbe andare per la sua strada, in cerca della sua autonomia, ed un  padre, che vorrebbe trattenerlo, che non vuole perderlo. Un dialogo che, probabilmente, in molti avranno fatto o subito. Io no, non ho mai avuto dialoghi o scambi di idee col mio genitore che non fossero ad alta conflittualità.Soprattutto in età tardo adolescenziale, quando le esigenze di autonomia iniziano, per legge di natura, a farsi pressanti.

Chi mi conosce o, almeno, mi segue da tempo, ormai sa del mio complicato rapporto con un padre del quale, spesso, non udivo la voce per giorni, pur vedendolo costantemente. Ricordo quando, bambino, mi chiudevo nella mia stanza a pensare ed a cercare di ricordarne il suono, la tonalità, ma rivedevo solamente quel suo ghigno che non capivo se fosse di disgusto o di disapprovazione.

Quando cominciai a maturare una mia opinione, un mio modo di vedere la vita, spesso diverso dal suo, ecco che il ghigno diventava prepotenza, che si manifestava o zittendomi, o guardandomi con compatimento, così come si guarda un inetto od un’ameba.Questo mentre , quello che avrei voluto, sarebbe stato , anche se a costo di scontrarmi, parlare, capire, confrontarmi.

Così, ora mi trovo a rimuginare il testo di una vecchia canzone, riflettendo sul suo ormai antico testo; pensando al tempo perduto nel cercare un confronto con una padre il cui errore è sempre stato quello di essere convinto che ai figli non debba essere insegnato a pensare, ma a cosa e come pensare.

Anche oggi, che il mio anziano genitore ha un’età che dovrebbe spingerlo alla saggezza ed alla vicinanza ai figli, mi trovo a dolermi di queste carenze che sento vive sulla mia pelle, nelle mie viscere.Il vecchio mammouth di casa Matatia ha voluto che il fossato fra noi due diventasse incolmabile; ha fatto le sue scelte ( o,forse qualcun’altra le ha fatte per lui). Masal Tov, Abba shelì- ( Buona fortuna, padre mio)

PS: Si dice che scrivere possa avere un effetto catartico e liberatorio….per questo ho raccontato questa storia, che, a molti, non interesserà. Ho scritto per me, ma anche per far pensare chi, per qualsiasi motivo, sente il proprio figlio lontano

Il rapporto socratico


Mai, come questa estate, ho sentito parlare così tanto di “rapporto socratico”.

Non è stato semplice, per me, uomo semplice e ordinario, comprendere, in realtà, il vero significato di questa definizione. Sudditanza psicologica fra insegnante e allievo, oppure, più banalmente, rapporto carnale fra un maschio anziano in posizione predominante e giovane allievo adorante?

Forse un modo ipocrita per non parlare di rapporti sessuali ormai accettati da una gran parte dell’opinione pubblica?

Mi riferisco alla rivelazione della natura del rapporto fra Pannella e il giovane Angioli, suo pupillo. Non avrei affrontato l’argomento se, qualche tempo dopo, non avessi letto sull’ inserto del Corriere della.Sera, “La Lettura”, un interessante articolo sul grande Umberto Saba.

Nell’articolo, si parlava della discutibile relazione dell’adulto e anziano poeta con un fanciullo di 10 ( nb. dieci) anni. Veniva definita ipocritamente”relazione socratica”. Michael Jackson, giustamente, aggiungo io, vide bollata la sua carriera per una situazione simile; anche lui, come il nostro Maestro, dormiva abitualmente con bambini.Mentre per Saba, però, si parla di relazione socratica, per il celebre cantante si parla, esplicitamente, di pedofilia.

Allora, vogliamo dire esplicitamente che Panella e, molto di più, Saba sono/erano degli anziani porcelloni ? Non c’entra omosessuale o meno. Se una signora agè si dovesse intrattenere con un fanciullo verrebbe bollata con sorrisini e allusioni; perchè coprirsi gli occhi e cercare definizioni esotiche se il rapporto assume connotazioni che, oggi, è giustamente scomodo criticare?

Concludo, confessando, anche se sono conscio di sconvolgervi, che anch’io pratico da tempo da un rapporto osceno e perverso: sono perseguitato da un “rapporto artusiano” per le mitiche travolgenti tagliatelle di mia suocera: nè troppo grosse, nè troppo sottili; nè troppo cotte, nè troppo al dente. Unte il giusto, anche se, un po’ di più, non guasterebbe. Sepolte da un gustoso ragù di manzo ( niente salsiccia). Amen! Ho confessato…..

Demoni


Prendetele come le considerazioni di un uomo qualunque; anzi di un ebreo qualunque. Non dateci troppo peso. Non posseggo il dono di una fede incondizionata che mi sostenga; i miei rimuginii sono verso tutto e tutti, e, questo lo so, è un mio grosso limite.

Certo che chi crede che tutto, intorno a noi, sia condizionato dalla volontà divina, ha la vita facile; ha un grosso problema in meno. Io, amici miei, spero che nessuno me ne voglia, non ci riesco. Mi basta pensare di quanti massacri la storia di qualsiasi epoca abbia trovato una giustificazione nel grido :”Dio lo vuole”,”Allah è grande”, per pensare che non è Dio a volere la storia, ma siamo noi a farla.

Analisi banale ? Certo! Vi devo forse ricordare chi e cosa sono io?

La nostra mente è abitata frequentemente da rimuginii, pensieri che scavano fossati intorno a noi, prendendo sembianze di demoni che cercano, costantemente, di pilotare la nostra vita.

Avete presente Martina e Alexander? I loro demoni li avevano indotti a crearsi una propria religione personale, fatta di riti pagani di purificazione.Uno di questi riti li aveva indotti a dover deturpare con l’acido gli antichi amanti della ragazza; questo come rito purificatorio bene augurante per il loro figlio nascituro.

Diabolico? Folle? Entrambi? Non so. Io penso solamente che il loro piccolo, nato in questi giorni, se fosse stato lasciato nelle mani di questi genitori “deviati”, sarebbe cresciuto con un potente demone che, prima o poi, sarebbe emerso dal suo DNA e avrebbe preso inevitabilmente, il sopravvento su di lui. Il bimbo, una volta conosciute le perversioni parentali, avrebbe forse rimuginato sul fatto che, su di lui, vegliava un casalingo rito propiziatorio pagano, diventandone lui stesso succube.

Questo potenzialmente. Quindi, giusta la decisione di separarlo dai diabolici genitori.

Vedete come il rimuginare ci toglie energie positive? Come sia in grado di condizionare la nostra vita? Non rimugina il bigotto? Non l’ateo? Non il depresso o la persona costantemente alla ricerca del successo? Non chi, ad esempio, ha capito su se stesso quanto il successo possa essere effimero?

Scusate, amici miei, il mio sfogo; forse ho detto un mare di fesserie. Ma i demoni si sconfiggono anche parlandone.

La violenza della pulce


Ci sono persone che mi disturbano al solo vederle; forse, è una questione di pelle; certamente, sembrano emanare effluvi irritanti . allergeni urticanti.

Questi, sono coloro che cercano di bloccare il tuo ragionamento , il tuo pensiero esponendo il proprio urlando. Ecco che, quando mi trovo davanti a simili situazioni, io mi fermo e cerco di ascoltare: scopro, molto spesso, di trovarmi di fronte un essere che da spazio alla voce, ma non esprime concetti sensati . Dunque, essendone consapevole, urla per nascondere la pochezza delle proprie idee.

Queste persone sono afflitte da quel difetto, tipicamente umano, di voler apparire duri per nascondere un’anima fragile.Cercano di sopraffarti perchè temono che sia veramente tu a dire il vero!

Vanno riportati alla realtà, assolutamente. Io ci provo, il più delle volte, con ragionamenti esposti in modo pacato e rassicurante.Se sono certo di essere corretto nel mio pensiero e so di essere nel giusto, non provo timore, e dico, col sorriso, ciò che penso.

Diceva Gandhi : “Anche se sei la minoranza di uno, la verità è la verità ! ”

Anche se , come il più delle volte capita, mai mi viene data esplicitamente ragione, io mi sento forte , molto più forte della mia arrogante controparte, perchè, dopotutto, mi sono alleggerito serenamente della rabbia di dover subire pareri imposti da persone vuote.

Trattenere la rabbia, far ribollire dentro di sè la frustrazione dell’inanità è come tenere fra le mani un carboncino ardente, con l’intento di passarlo a qualcun altro: alla fine, sei tu che resti bruciato.

Il mio pianto antico


In quanti modi si piange ? C’è il pianto sommesso, quello urlato, quello teatrale e quello intimo, discreto. Si piange per far capire che abbiamo sentimenti , sensibilità:”Guarda, sono vivo!”. Il neonato, appena giunto al mondo, coi suoi strilli urla di esserci, di essere VIVO !

Ecco il punto: io non so piangere; o, meglio, ho dimenticato come si fa a piangere. Successe tantissimi anni fa: io ero un bimbo, mia madre era molto malata , e venni scorto da mio nonno a singhiozzare: ” Che schifo mi fai! Un maschio che piange! Io, quelli come te, li appenderei al lampadario del salotto”.

Restai terrorizzato! Cercai rifugio da mio padre, il quale, col suo abituale ghigno semi ironico di disprezzo, mi disse: “Guarda che femminuccia sei!”.

Da allora, bloccai per sempre le lacrime, non riuscii più a manifestare nè il dolore, nè la gioia. Posso sembrare arido ed insensibile; in realtà, io piango dentro…..urlo, strillo, gioisco , ma solamente in modo così intimo e privato.

E, ora, che non sono più un ragazzino, sapete cosa invoco? Vorrei sapere, anzi ricordare, che emozione si prova  con un fragoroso, incessante pianto liberatorio. Visto che spero, anzi sono certo che la vita mi concerà ancora molte gioie e, mi auguro , solamente qualche dolore, ti prego, Signore, fammi riscoprire l’effetto delle lacrime che rigano il viso….

“Da una lacrima sul viso…..ho capito molte cose…”

Io scelgo la vita!


Ormai è una notizia vecchia: è morto anche il padre del piccolo palestinese assassinato da alcuni coloni vicino a Nablus. E’ una notizia triste e sconvolgente; ma è altrettanto triste e sconvolgente la squallida contabilità che taluni postano con rabbiosa disinvoltura su FB.

Frasi tipo” Tante storie per loro! E per i nostri , morti etc. etc.”.Tutte , regolarmente scritte in maiuscolo, quasi destinate ad essere urlate, con rabbia e rancore, come se, per i morti, possa esistere una graduatoria della dignità. Che vergogna! Guardate in faccia i vostri figli! Abbiate l’umanità di pensare che uccidere per rancore e vendetta, tanto più ciecamente, giusto per ammazzare qualcuno che pensi diverso da te, è quanto di più abbietto si possa pensare!

“Nell’ebraismo il respiro di ogni essere vivente è un valore assoluto”, dice Gheula C.N.

Ha ragione: l’ebraismo nasce come religione di pace; ma sono uomini di pace, quegli uomini che fanno della fede la loro invincibile arma di repressione e di odio? Sono uomini di pace quegli uomini che costringono le loro donne a camminare sul marciapiede opposto al loro? E, ancora : sono uomini di pace quegli uomini che, con la violenza e l’arbitrio, cacciano dei poveri contadini e pastori dalle loro case perchè “Quella è la volontà di D-O”? E, per finire, sono uomini di pace quelli che invocano la guerra contro i loro vicini, mandando a combattere i figli degli altri?

Persone di pace sono coloro che, alla parola di D-O : “Ho messo davanti a te la vita, il bene, la morte e il male” risponde: “Io scelgo la vita!”

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